
Il treno davanti al mare
Manarola, Cinque Terre. In quel pomeriggio
quasi dʼestate arrivò da lì la chiamata a cui seguì
la partenza del nostro gruppo di volontari, a
bordo dellʼambulanza. Le Cinque Terre sono
luoghi meravigliosi, offrono paesaggi che sono
stati celebrati da grandi scrittori, pittori, musicisti.
I versi di Montale, e prima Dante, Petrarca, Boccaccio,
e ancora Cervantes e DʼAnnunzio; e poi
così tanti meravigliosi testi di canzoni che dipingono
luoghi ed emozioni vissute, da Bindi, a De
André, Endrigo e Luigi Tenco, e poi alcune tra le
splendide opere pittoriche del movimento dei Macchiaioli.
Dalla fine degli anni 90 nella lista dei luoghi
patrimonio dellʼumanità UNESCO, questi territori
straordinari raccontano storie antiche e moderne
attraverso scorci indimenticabili, e parlano di
una terra incredibile, stretta tra mare e collina, che
ha saputo nei secoli lasciare una forte impronta e
diventare protagonista nel luminoso fronte delle
eccellenze storico-culturali, naturalistiche ed enogastronomiche
italiane. Mai ti aspetteresti dunque
di poter associare un luogo così incantevole ad un
accadimento che può rimanere nella memoria
come fortemente traumatico. In fondo però, è parte
del lavoro che svolge il volontario, trovarsi di
fronte ad immagini forti e in situazioni delicate, di
pericolo, nelle quali cʼè qualcuno da far calmare e
da rassicurare, qualcuno da soccorrere e a cui
dare speranza, tutto questo è normale amministrazione
per chi svolge questa attività. Ci sono
casi però, come quello raccontato in questo
capitolo, in cui la gravità dellʼevento va decisamente
oltre ogni immaginazione.
Siamo a bordo dellʼambulanza, come dicevo, per
un codice rosso presso la stazione di Manarola. Era
la metà di giugno del 2018, giornate calde e una
brezza tesa, e nel tardo pomeriggio ci dirigiamo lì
con alcuni colleghi di attività per affrontare un soccorso
molto delicato: una persona travolta sui binari
da un treno merci. Ci viene comunicato dalla
centrale operativa che sono già sul posto le forze
dellʼordine. In circa venti minuti, che non sono
molto considerando la distanza tra il luogo dellʼaccaduto
e La Spezia, arriviamo dunque a destinazione.
Ovviamente a seconda dei codici indicati dalla
centrale, e della gravità dunque ipotizzabile interpretando
quanto ci viene comunicato, chi è
alla guida della vettura di soccorso sa gestire al
meglio la velocità, sempre allʼinterno delle regole
del Codice della Strada e sempre muovendosi
con attenzione e con la massima cautela, ma
diciamo che se la chiamata ci trasmette informazioni
che danno a intendere che sia necessaria
una certa fretta, il team a bordo farà certamente
in modo di essere ancor più rapido e performante
per garantire un soccorso il più possibile tempestivo,
oltre che ovviamente accurato nelle modalità.
Ecco, lʼaccuratezza è una caratteristica importante
per chi decide di intraprendere questo
tipo di attività. Penso di ritrovarmi molto nella
definizione di “persona dedita allʼaccuratezza”,
e questo non per darmi delle arie, perché poi
nella vita e nelle cose che si fanno, prima o poi e
in qualche modo, tutti possiamo fare degli errori
o renderci conto che quella determinata cosa la
potremo far meglio la prossima volta, però diciamo
che tra gli aggettivi che mi si addicono,
quello di essere una persona “accurata” nelle
cose che fa corrisponde nella sostanza e nella
forma a verità.
In tutti gli ambienti condivisi col prossimo ci
sono regole di buona convivenza, regole che attengono
al rispetto dellʼaltro e di ciò che si fa,
nel caso di una associazione di volontariato attiva
nellʼambito del soccorso il senso di responsabilità
chiaramente è ancora più sentito, sia individualmente
che a livello di comunità e di partecipazione.
E questo aiuta molto, in varie direzioni,
perché respirare e condividere una certa
serenità in un ambiente nel quale spesso ci si può
trovare ad avere a che fare con emozioni forti e
con la necessità di una solida tenuta psicologica,
diventa decisamente importante. La serenità ed
il rispetto aumentano, se possibile, di valore.
Lʼatmosfera che troviamo una volta giunti con
lʼambulanza nella stazione di Manarola è a dir
poco surreale: turisti italiani e stranieri, ambienti
affollati, come ovvio considerando la stagione ed
il fine settimana, ma regna un anomalo assordante
silenzio. Lʼimmagine visiva sembra davvero non
corrispondere a quella che, se si trattasse di un
film, verrebbe definita come colonna sonora e dialoghi.
Ci facciamo dunque largo tra le persone,
domandando dove fosse il ferito, per raggiungerlo
in fretta, per provare a restituire speranza
ad una situazione che sembra essere decisamente
disperata, almeno stando al tono della chiamata
e alle facce che ci troviamo di fronte, così attonite
e (alcune) decisamente scioccate. Qualcuno
prova a dissuaderci dal proseguire; turisti stranieri
e viaggiatori italiani che ci suggeriscono
chiaramente di evitare che il nostro sguardo arrivi
fin là, perché a quanto dicono la scena è terribile,
raccapricciante. Ma anche in questi casi,
anche quando sai che potrai trovarti a dover tenere
testa ad emozioni insostenibili, a visioni
traumatizzanti, devi andare. A meno che non ci
sia un pericolo imminente, devi andare. E quindi
si va.
La scena è atroce, disumana. La figura umana
sulla scena dellʼincidente quasi non è codificabile
come tale, a causa della immane gravità
dellʼimpatto.
Possiamo avere tanti tipi di vite, tanti tipi di problemi
da risolvere, di sogni da realizzare, e purtroppo
anche tanti tipi di morte; e alcuni modi di
morire, a cui talvolta ci può capitare di assistere,
come in questo caso, sono i peggiori in assoluto.
È impossibile immaginare cosa ci si possa trovare
davanti quando si ha a che fare con un
incidente simile, sono situazioni che metterebbero
alla prova chiunque. Dʼaltra parte essere un
volontario è anche questo, significa accettare di
trovarsi ad avere a che fare con ogni possibile tipologia
di incidente, malori, conseguenze di colluttazioni,
significa offrire il proprio aiuto a
chiunque sia coinvolto in qualcosa di simile.
Eravamo in quattro, due ragazze e due ragazzi,
la più grande di noi al volante. Arrivavamo dal
pronto soccorso perché avevamo portato unʼaltra
persona, e durante il viaggio ci siamo confrontati
tra di noi perplessi da ciò che poteva essere successo.
Ti fai domande, paranoie, ansie, poi inizi
a ragionare e dici: cosa potrò mai fare? Se la persona
non ce lʼha fatta dovrò farmene una ragione,
se invece magari la persona è riuscita a
sopravvivere, qualunque sia la menomazione
con cui dover fare i conti, in qualche modo andrà
comunque bene.
Lʼimpatto visivo alla fine fa meno impressione del
pensiero e del dubbio. Come spesso accade nel
mondo delle cose immaginate e di quelle reali con
cui alla fine entriamo in contatto, tangibili e visibili,
finché pensi a cosa ti troverai davanti può assalirti
lʼansia e forse anche lʼangoscia, ma nel momento
in cui superi il primo secondo di normale
sconvolgimento e sconcerto, non puoi fare altro
che constatare la realtà, che in genere essendo finita
e definita, non è mai comunque così spaventosa
come lʼimmaginazione. Magari è più inquietante,
sul momento, ma ha una sua forma, specifica e
netta. Cʼerano organi un poʼ ovunque, sparsi lì
dove la persona investita è stata ritrovata. Una ragazza
ha domandato se quello che vedeva fosse un
polmone.
Io credo che quando si svolge unʼattività come questa
si tende a sviluppare una sorta di autoprotezione:
lʼessere umano ha mille risvolti, il nostro
cervello mille risorse. Non riusciamo a comprendere
consapevolmente quanto la nostra mente sia
in grado di gestire e organizzare degli stati di
“emergenza”, eppure è evidente che sia così. Voglio
dire, comʼè possibile che io i miei compagni
di ambulanza in una situazione come questa abbiamo
riscontrato una maggiore ansia e un maggiore
disagio nella prima parte del soccorso, cioè
quando siamo stati chiamati, molto più che non
dopo essere giunti sul posto ed aver affrontato
una visione così tosta? La spiegazione alla fine è
semplice: si entra in quello che potremmo
definire il nostro personalissimo ed individuale
codice rosso psicologico. Cʼè unʼemotività a cui
bisogna dare una risposta, cʼè un costrutto psicoemotivo
e un lavoro che lʼinconscio svolge
alle spalle della nostra consapevolezza. Ecco, io
credo che alla fine le reazioni che ci troviamo ad
avere in questo genere di situazioni siano invece
comprensibili e decisamente logiche, per quanto
possa fare impressione ad un ascoltatore esterno
il fatto di sapere che una volta entrati in contatto
con questa tragica situazione avvenuta, possa esserci
da parte di un gruppo di volontari un atteggiamento
allʼapparenza leggero, superficiale
nelle reazioni o addirittura ironico (certamente
non in questo caso, ma capita) negli scambi tra
di noi. Si tratta di strumenti, armi assolutamente
legittime senza le quali attività come queste non
si potrebbero emotivamente tollerare.
Dopo la compilazione del “foglio di viaggio” - così
si chiama in gergo tecnico il documento che riguarda
il soccorso effettuato da quellʼambulanza in
quel giorno e orario ed in quel luogo - e lʼinserimento
del “ codice nero“, simbolo che non lascia
purtroppo spazio ad alcuna forma di speranza,
siamo rientrati in sede, con lo spirito di chi è pienamente
consapevole del fatto che purtroppo
non si potesse fare altro che riscontrare la realtà.
La grande gioia di fare il volontario sta nel fatto
di poter aiutare il prossimo; lʼaltra faccia di questa
luna così luminosa è rappresentata dal rischio
di non avere il magico potere di salvare chiunque,
in qualunque situazione. È bene ricordarlo,
a se stessi, ogni volta che ce nʼè bisogno. Perché
se si trascura questo aspetto cʼè il rischio di lasciare
spazio a rischiose contorsioni psicologiche
che, nella mente di un volontario, possono
farsi strada e provocare piccole o grandi forme
di fragilità psicologica incompatibili con questo
percorso. Bisogna esserci, lucidamente, fare
sempre del proprio meglio, ma anche rispettare
determinati confini di azione e di pensiero, assicurando
in questo modo a se stessi e alle persone
con cui si interagisce quella necessaria serenità
di fondo che consente ai volontari di portare
avanti con il massimo delle energie questa meravigliosa
missione.
Continua...
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