Grazie, Lucilla, di questa tua valevole esperienza riportata. In effetti, ho sempre pensato che non c'è un'oggettività nell'interpretazione di elementi raccontati, quindi la tutela deve essere a priori del contenuto e a priori anche della possibilità, sempre remota, di far visionare e accettare il testo a interessati. Anche la modalità di cambiare nomi di persone e di luoghi la trovo un palliativo: se il testo è dichiarato autobiografico, senza pseudonimi dell'autore, e se inseririsco dei riferimenti riportanti all'autore (tipo "mia sorella"), ho poco da cambiare nomi: il riportarsi all'effettiva persona è automativo e ineluttabile. La soluzione che ho adottato è l'inserire una nota sulla pubblicazione, del tenore: "Questo racconto è tratto dalla storia vera vissuta dall'autore, interpretata attraverso gli occhi della sua sensibilità, della sua memoria, del suo senso della vita. I riferimenti a fatti e persone, quindi, sono derivati da libere interpretazioni degli accadimenti." Così, mi pare, si pone tutto il racconto non sotto la luce della storia, ché non è questa la valenza del racconto, ma dell'opinione, di cui, spero, c'è ancora libertà. Che ve ne pare?